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Bond controcorrente: tutti vedono il boom, loro la stagnazione

By 06/08/2021No Comments
I titoli a tasso negativo risalgono a 16.500 miliardi, da 12mila miliardi di maggio

C’è una voce, nel coro che esalta la forte ripresa economica globale, che canta sempre più stonata. È la voce del mercato obbligazionario: mentre tutti (mercati azionari, istituzioni e Governi) celebrano il forte balzo delle economie mondiali, il mondo dei bond sembra iniziare a temere davvero la ricaduta in recessione. O, quantomeno, in una nuova stagnazione. Mentre tutti vedono rosa, i bond vedono nero. È questa la spiegazione più logica che si possa dare al fatto che i rendimenti delle obbligazioni stanno scendendo velocemente in tutto il mondo. Tanto che la montagna di bond con rendimenti negativi (cioè sotto zero) è risalita dai 12mila miliardi di dollari di maggio a 16.500 miliardi secondo i dati di Bloomberg.

Eppure sul mercato il dibattito su come leggere questo fenomeno è aperto. Molti sostengono che il mercato obbligazionario sia mosso solo da fattori tecnici, e dunque non stia indicando davvero l’imminente frenata dell’economia. Altri pensano invece che proprio il mercato dei bond sia quello più lungimirante e che dunque sia l’unico a vedere il futuro prossimo: cioè la ricaduta delle economie globali. Qualunque sia la risposta esatta, una cosa è certa: mentre tutti celebrano e festeggiano il boom economico, il mercato dei bond proietta un film completamente diverso.

Tassi in caduta

I numeri parlano da soli. Il rendimento decennale dei titoli di Stato Usa è sceso sotto l’1,2% mercoledì, per tornare poco sopra ieri. Era a 1,77% a fine marzo. Eppure da allora le aspettative decennali di inflazione non sono cambiate, dato che erano al 2,34% a fine marzo e sono al 2,32% ora. Negli Usa – sottolineano in tanti – ci sono molti motivi tecnici che giustificano questo calo dei tassi a lunga. A partire dal fatto che molti fondi speculavano sul rialzo dei tassi e, nelle ultime settimane, hanno dovuto chiudere le loro scommesse per evitare eccessive perdite e dunque hanno dovuto comprare Treasuries. Questo ha esasperato il rialzo dei prezzi e dunque il calo dei rendimenti.

Se questa spiegazione può giustificare il ribasso dei rendimenti americani, diventa più difficile comprendere come mai a cadere siano i rendimenti in tutto il mondo. Perché i tassi decennali giapponesi sono tornati sotto zero per la prima volta da gennaio. E i Bund tedeschi trentennali sono scesi in negativo per la prima volta da febbraio. E persino i rendimenti decennali cinesi (dove non esiste alcun quantitative easing) sono scesi sotto il 3% per la prima volta dal giugno 2020. Per non parlare della forte crescita, già accennata, dei bond a tassi negativi nel mondo. La domanda dunque non è capziosa: la speculazione andata male dei fondi giustifica un movimento globale così forte?

Le due spiegazioni

Sul mercato il dibattito è aperto. La maggioranza degli investitori è tutt’ora convinta che questa volta il calo dei rendimenti non stia davvero anticipando una frenata dell’economia, come tradizione vorrebbe. Tanto che la maggior parte delle case d’investimento (da Axa, a Pimco a Pictet) prevede tassi decennali in aumento negli Stati Uniti: la stima media degli analisti censiti da Bloomberg li prevede a 1,8% a fine anno, dall’1,2% attuale. Insomma: prevale l’opinione che questo sia solo un momento passeggero. Una sbandata. «Il mercato dei titoli di Stato sconta uno scenario diverso da quello implicito nei prezzi delle materie prime, del credito e delle azioni – osserva per esempio Alberto Gallo, Head of Global Macro Strategies di Algebris -. Quindi il calo dei rendimenti sembra dovuto più a fattori tecnici e a flussi di risparmio che a reali motivi macroeconomici».

Ma tanti sul mercato non la pensano così. «I rendimenti a lunga dei titoli di Stato sono un po’ come una vedetta: vedono il rallentamento futuro della crescita economica globale», commenta Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte. In effetti almeno due elementi remano contro il boom economico. Da un lato la variante Delta, che anche la Bce ha indicato come fattore di rischio. Dall’altro – e soprattutto – la carenza ormai evidente di materie prime e componenti: come si possono sostenere il boom economico, la transizione energetica e i piani infrastrutturali se mancano le materie prime? Possibile che i bond stiano rispondendo proprio a questa domanda?

@MoryaLongo

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Fonte: Il Sole 24 Ore del 06/08/2021