News

Euro digitale, la Bce lo studia ma le banche sono preoccupate

By 01/06/2021No Comments

La trasformazione. L’ipotesi di depositi diretti e senza limiti a Francoforte può provocare una riduzione della raccolta privata. La sfida è geopolitica.

di Alessandro Graziani

L’euro digitale allo studio della Bce è per ora solo un progetto, che forse diventerà realtà entro cinque anni. Ma fa già discutere il mondo finanziario che si divide tra chi ne intravede le enormi opportunità per la difesa e il rafforzamento dell’Europa anche da un punto di vista geopolitico e chi invece evidenzia i rischi di disintermediazione del sistema bancario che conseguirebbero alla possibilità per ogni cittadino europeo di avere un deposito (digitale) diretto presso la Bce.

Cosa si intende per valute digitali? La Bis (Bank of International Settlement) le definisce come «strumenti di pagamento digitale, denominati nelle unità di conto nazionali». La loro ideazione nasce come mossa difensiva rispetto al dilagare di criptovalute e sistemi di pagamento in monete private dei colossi hi-tech, a partire dal progetto Libra-Diem di Facebook (tre miliardi di utenti) che – così come concepito inizialmente – rischiava di mettere in pericolo la sovranità monetaria degli Stati.

Ecco perché molti Paesi del mondo hanno iniziato a programmare proprie valute digitali. Tra le grandi potenze globali, il progetto della Cina è quello più all’avanguardia ed è già oggetto di sperimentazione in alcune città. Ma iniziative analoghe sono allo studio anche in Canada, Svezia, Corea del Sud, Thailandia, Uruguay.

In Europa, la Bce ha detto ufficialmente di valutarne l’introduzione come reazione al progressivo declino del contante, come strumento per la difesa della sovranità monetaria da eventuali incursioni di valute digitale straniere (private e pubbliche) e come supporto agli attuali mezzi di pagamento digitali. «Un approccio minimalista, apparentemente in contrasto con gli obiettivi molto più ambiziosi della Commissione europea – è il commento di Andrea Filtri, capo research di Mediobanca Securities – che invece ha identificato nell’euro digitale uno strumento per promuovere il ruolo internazionale dell’euro, denominare lo scambio di materie prime (in particolare quelle legate alla conversione energetica, dove l’Unione europea vuole acquisire la leadership) affrancarsi dal regime di sanzioni di paesi terzi, riferendosi ovviamente agli Stati Uniti».

Il riferimento agli Usa e al ruolo di valuta dominante a livello globale del dollaro spostano il dibattito sulle valute digitali verso la sfida geopolitica a tutto campo tra Usa e Cina, con quest’ultima che già dal 2028 potrebbe sopravanzare gli Usa come prima potenza economica. Lo e-renmimbi cinese, potenzialmente estendibile dal Governo di Pechino alle transazioni con i Paesi che aderiscono al progetto Belt and Road, può trasformarsi in futuro valuta di riferimento per i pagamenti digitali in varie aree del mondo. «Creare un sistema di pagamenti digitali cross border – sostiene Monsur Hussain di Fitch Ratings – potrebbe ridurre l’esposizione della Cina alla regolamentazione degli Usa e incrementare il ruolo del renmimbi come valuta di riserva internazionale». L’eventuale successo e diffusione della valuta digitale cinese consentirà di effettuare transazioni transfrontaliere su larga scala senza passare dal monitoraggio di Swift, il sistema di messaggistica Usa, che finora è stato anche lo strumento informativo usato per imporre le sanzioni da parte delle Autorità americane. Un aiuto agli Usa e all’intero Occidente paradossalmente potrebbe arrivare proprio da Facebook e da Diem che, trasformandosi in uno stablecoin in dollari (e pronto a essere sostituito dal dollaro digitale), potrebbe diventare almeno temporaneamente la piattaforma standard di riferimento per le banche centrali atlantiche creando lo «swift delle valute digitali».

In questo contesto di sfida Usa-Cina, che destino avrà l’euro digitale? Se nascerà secondo l’approccio minimalista fin qui annunciato, limitandosi a essere uno strumento di pagamento aggiuntivo rispetto agli attuali, secondo gli analisti, l’impatto sul sistema finanziario e bancario sarà modesto. Uno scenario ben diverso si delineerebbe invece se l’euro digitale fosse usato senza limiti di deposito e di confini. «È possibile ipotizzare che molti cittadini europei sarebbero disponibili a trasferire parte o tutti i loro risparmi dai depositi bancari alla Bce – spiega Filtri – in virtù del minor rischio di un deposito presso la Banca centrale rispetto al normale deposito presso una banca commerciale».

La disintermediazione del sistema bancario, e in particolare delle banche più piccole e dipendenti quasi solo dalla raccolta diretta della clientela, a detta degli analisti è il rischio più grande di un euro digitale forte. «Per prevenire l’erosione della raccolta bancaria, la Banca Centrale dovrebbe per prima cosa limitare l’importo dei depositi digitali, per esempio a un massimo di 2.500 euro per gli individui e di 5.000 euro per i piccoli operatori economici – è l’opinione di Sam Theodore di Scope Group -. Inoltre nessuno dovrebbe avere più di un conto digitale e soprattutto Bce non dovrà pagare interessi sui depositi, per evitare che il conto digitale diventi una forma di investimento». Pur con questi limiti, il sistema bancario potrebbe comunque essere esposto a rischi di fuga dai depositi in caso di crisi finanziarie e bancarie (si pensi a Italia 2011). «L’alternativa è che Bce ridepositi a sua volta il denaro presso le banche commerciali – conclude Filtri – sovvertendo l’architettura attuale del sistema finanziario ed elevandosi così a prestatrice di prima istanza delle banche, dei loro prestiti e dei titoli di Stato nei loro portafogli». Ipotesi che avrebbe l’indubbio pregio di mutualizzare i rischi di liquidità delle banche e rappresenterebbe il cavallo di Troia per una vera Unione europea.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Fonte: Il Sole 24 Ore del 30/05/2021