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Europa e America antagoniste incerte di Putin

di Adriana Cerretelli

E se alla fine andasse come in Afghanistan, con una nuova pesante sconfitta degli Stati Uniti e dell’Occidente? Nel gioco d’azzardo quasi mai vince il più ricco o il più forte ma quasi sempre il più abile e determinato.

In Ucraina il groviglio di rischi cui sono esposti i maggiori protagonisti della partita è altissimo. La spregiudicata Russia di Vladimir Putin ha però il vantaggio di essere un monolite autocratico guidato da un leader dal sangue freddo, che rende conto delle proprie azioni quasi solo a sé stesso.

Non vive, o la fa in misura molto minore, rovelli e titubanze di America ed Europa, le sue antagoniste incerte. Sicuri soltanto di voler evitare guerre e destabilizzazione continentale per via diplomatica o, al peggio, con sanzioni.

La formula per ora non funziona. Tanto che la Casa Bianca spera nel Consiglio di Sicurezza Onu per fermare l’invasione russa dell’Ucraina e le minacce alla pace. Mosca nega, con la Cina dalla sua, denunciando manovre pretestuose.

«La crisi non riguarda l’Ucraina ma il nuovo patto sulla sicurezza europea.

Salvo provocazioni, il build-up militare non punta a Kiev ma agli Stati Uniti per indurli a discutere di sicurezza europea», dice Dmitrj Trenin. Il direttore del Carnegie Center di Mosca ricorda che il tema non è stato affrontato con la Russia dai tempi di Gorbaciov.

Nel frattempo, il sistema è diventato Nato-centrico con l’America a guidare l’espansione atlantica a Est, fino ai confini russi.

Putin vuole resuscitare il vecchio condominio Usa-Urss sull’Europa. A tutti i costi. Con un negoziato bilaterale esclusivo per una nuova “pax europea” riscritta con Stati Uniti e Nato, che preveda il veto all’ingresso dell’Ucraina nella Nato, il suo ritiro dai paesi dell’Est, il disarmo nucleare reciproco per i missili a medio raggio. Tutte richieste respinte al mittente dai destinatari senza però chiudere al dialogo. Con l’Europa che tenta disperatamente ma invano di entrare in partita senza la forza per riuscirci.

A questo punto è il calcolo dei rischi che obbliga tutti a un surplace di tensioni controllate ma crescenti dagli sbocchi imprevedibili. Per tutti è salato il prezzo da pagare nel braccio di ferro in atto che deciderà il nuovo assetto della sicurezza europea e quello dell’ordine geopolitico mondiale.

Putin sa che la partita è più che indigesta per Stati Uniti, Nato ed Europa. Aumenta le pressioni per ottenere almeno parziali concessioni. Altrimenti non è escluso che invada l’Ucraina perché ha alzato troppo la posta per tirarsi indietro.

Già con i suoi ultimatum è riuscito a resuscitare la Nato ricompattandone i paesi membri, calamitando neutrali come Svezia e Finlandia, sgonfiando le ambizioni europee di autonomia strategica e costringendo l’America di Biden a distrarsi dal Pacifico per tornare in Europa.

Pur coltivando l’intesa sempre più cordiale con la Cina per non allentare la pressione sull’Occidente, lo zar del Cremlino sa che l’invasione non sarebbe indolore: oltre a nuove e pesanti sanzioni, il blocco del gasdotto Nord Stream 2, la reazione dei mercati, i contraccolpi su economia e rublo. La probabile e dura resistenza ucraina.

Se troppi autogol potrebbero indebolire Putin invece di rafforzarlo anche agli occhi di un partner/rivale come la Cina, nemmeno per la coppia euro-americana il confronto è privo di incognite. Anzi.

Biden è un presidente ondivago ed esitante: prima il no a interventi militari a sostegno dell’Ucraina, poi forse, poi magari, poi meglio le sanzioni finanziarie, poi no meglio quelle ai danni di Putin e affiliati.

L’Europa è ipnotizzata da una crisi troppo vicina ma non riesce a trovare unità né solidarietà interna, divisa dai vari interessi nazionali. La Germania di Olaf Scholz si è convinta alla fine a inserire il Nord Stream 2 tra le sanzioni possibili però impedisce all’Estonia di inviare a Kiev armi di produzione tedesca.

Prigioniera del ricatto energetico di Mosca (da cui importa il 40% del gas) e del proprio beato pacifismo (dal 2008 al 2020 le sue spese militari sono scese da 303 a 292 miliardi, quelle Usa sono salite da 656 a 778 miliardi), continua a sognare trattative dirette con Mosca che la snobba inseguendo il vecchio rapporto di potenza con gli Stati Uniti.

Confusione e debolezze sparse da un lato, dall’altro alti rischi ma ferrea determinazione: sono aperte le scommesse su chi la spunterà alla fine. La lezione afghana dovrebbe insegnare qualcosa.

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Fonte: Il Sole 24 Ore del 01/02/2022