La variante Omicron non dovrebbe cambiare troppo lo scenario macroeconomico
di Francesco Ninfole
La variante Omicron e l’inflazione non spaventano la Bce, mentre in Germania l’aumento dei prezzi tocca il 6% a novembre, in attesa del dato relativo all’Eurozona in arrivo oggi. Lo scenario potrebbe spingere Francoforte in due possibili direzioni: verso una stretta per far rallentare l’inflazione o al contrario verso un ulteriore allentamento per contrastare gli effetti di una nuova ondata di infezioni. L’incertezza resta alta sugli sviluppi sanitari. Così è probabile che la Bce resti cauta nel consiglio direttivo del 16 dicembre, nella quale si deciderà la politica monetaria per il 2022. Le decisioni della riunione influenzeranno anche i costi di finanziamento del debito italiano.
La parola chiave a Francoforte è diventata «opzionalità», contenuta già nelle minute dell’ultimo consiglio. La banca centrale dovrebbe confermare la fine degli acquisti netti del Pepp a marzo, ma con la possibilità di riavvio in caso di emergenze e di reinvestimenti dei titoli scaduti in modo flessibile, ovvero deviando se necessario dalle quote dei Paesi nel capitale Bce. Nessun aumento dei tassi di interesse dovrebbe essere varato fino al 2023.
Ieri diversi membri del consiglio direttivo hanno gettato acqua sul fuoco su Omicron e inflazione. Secondo il governatore della Banca di Francia la variante «non dovrebbe cambiare troppo lo scenario economico». Il vicepresidente Bce Luis De Guindos ha riconosciuto «l’alto grado di incertezza» per la variante del Covid, ma ha sostenuto che i vaccini aiuteranno ad affrontarla e il Pepp dovrebbe concludersi a marzo come previsto. «C’è un’ovvia preoccupazione per la ripresa economica nel 2022, ma credo che abbiamo imparato molto», ha detto la presidente Christine Lagarde domenica a Che tempo che fa. «Ora conosciamo il nemico e le misure da prendere. Siamo tutti meglio equipaggiati per rispondere al rischio di una nuova ondata o della variante Omicron».
Una pressione in senso opposto arriva dall’ultimo dato sull’inflazione in Germania, che ha toccato il massimo dal 1992. Oggi il valore dell’Eurozona potrebbe superare il 4,5% (4,6% secondo Barclays). Ma anche su questo fronte Francoforte ha rassicurato: Isabel Schnabel ha parlato di «picco» dell’inflazione a novembre, ma dall’anno prossimo ci sarà una discesa, anche perché svanirà l’effetto Iva in Germania. «Sarebbe prematuro inasprire la politica monetaria ora», ha aggiunto. «Non ci sono segnali che l’inflazione stia finendo fuori controllo», ha detto Schnabel, che pure nei giorni scorsi aveva parlato di «rischi al rialzo» sui prezzi. Il presidente della Bundesbank Jens Weidmann si è spinto oltre evocando la possibilità di un’inflazione sopra il 2% nel medio termine, contro le proiezioni ufficiali della Bce.
Il governatore spagnolo Pablo Hernandez De Cos ha detto ieri che, se anche le strozzature nella produzione e i più alti prezzi dell’energia dureranno più a lungo, resteranno di natura «transitoria». L’inflazione «inizierà a diminuire in modo molto significativo nel secondo trimestre del 2022». Di conseguenza, per De Cos «le politiche monetarie e fiscali devono evitare una riduzione prematura dello stimolo». Nei giorni scorsi anche Fabio Panetta, membro del comitato esecutivo Bce, ha sottolineato la necessità per la banca centrale di restare paziente, dato che non ci sono segnali di inflazione pericolosa, quella cioè che si manifesta quando le aspettative si allontanano dall’obiettivo del 2% e si innescano spirali tra prezzi e salari. Una stretta Bce, ha ribadito domenica Panetta a un incontro del Foglio, «farebbe più danni che benefici» poiché danneggerebbe l’economia, senza poter influenzare prezzi dell’energia e colli di bottiglia nella produzione. «Non tutte le medicine vanno bene per tutte le malattie», ha aggiunto.
Ieri un’analisi di Berenberg ha stimato due rialzi dei tassi di 25 punti base nel 2023 (uno a giugno e uno a dicembre), seguiti da tre aumenti nel 2024. I mercati obbligazionari intanto hanno vissuto una giornata senza scossoni. Il tasso del Btp decennale è rimasto attorno allo 0,97%, mentre quello del Bund di pari durata è salito di due punti base a -0,32%.
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Fonte: Milano Finanza del 30/11/2021