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Lagarde: «Tassi fermi nel 2022»

Politica monetaria. La presidente della Bce in audizione a Bruxelles: «Molto improbabile che ci sia una stretta l’anno prossimo» «In arrivo la riduzione dell’inflazione, ma il ritorno dei prezzi a un livello accettabile sarà più lungo di quanto previsto in precedenza»
di Beda Romano

BRUXELLES

La presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde ha affrontato ieri un fuoco di fila di domande preoccupate, se non di critiche esplicite, durante una audizione parlamentare qui a Bruxelles. Oggetto dei quesiti il futuro dell’inflazione, in forte aumento nella zona euro. La banchiera centrale ha confermato l’analisi cautamente ottimista dell’istituto monetario, ritenendo improbabile nonostante tutto un aumento dei tassi d’interesse nel 2022.

«Possiamo aspettarci che la pressione sui prezzi di beni e servizi si normalizzi una volta che si allenteranno le strozzature nei rifornimenti di merci e mentre prosegue la ripresa economica»ha spiegato ieri la signora Lagarde ai parlamentari della Commissione affari monetari del Parlamento europeo. «Prevediamo una crescita dei salari l’anno prossimo un po’ più netta di quest’anno, ma il rischio di effetti in seconda battuta rimane limitato».

Gli ultimi dati di inflazione dei prezzi al consumo hanno sorpreso molti analisti e banchieri. In ottobre, l’aumento nella zona euro è stato del 4,1% annuo, il doppio rispetto all’obiettivo della Bce. Ancora una volta, la signora Lagarde ha attribuito un incremento definito «temporaneo» a tre fattori: il balzo dei prezzi dell’energia, la ripresa della domanda più forte dell’offerta dopo lo shock provocato dalla pandemia virale, e l’aumento dell’imposta sul valore aggiunto in Germania.

L’istituto monetario si aspetta quindi una riduzione dell’inflazione l’anno prossimo, «anche se il ritorno dell’andamento dei prezzi a un livello accettabile sarà più lungo del previsto in precedenza». Quanto agli effetti sui salari, i banchieri centrali restano ottimisti: «Non vediamo alcun segnale di un travaso dell’inflazione sui salari negoziati», ha aggiunto la signora Lagarde. «È molto improbabile che ci sia una stretta al costo del denaro nel corso del 2022».

La Bce lascia intendere di poter aggiustare la liquidità riducendo gli acquisti di debito sui mercati finanziari, tanto più che il contesto economico rimane incerto per via del nuovo inasprirsi della pandemia virale. La posizione espressa ieri dalla banchiera centrale è un compromesso tra le diverse anime di un consiglio direttivo combattuto tra la paura dell’inflazione e l’impatto dirompente che una stretta monetaria avrebbe sui paesi segnati da debiti pubblici elevati.

Il tema è controverso anche a Bruxelles, oltre che a Francoforte. Come detto, la signora Lagarde è stata lungamente interpellata ieri in commissione parlamentare, nello stesso modo in cui molti preoccupati ministri delle Finanze l’avevano interrogata lunedì 8 novembre in occasione di un Eurogruppo (si veda Il Sole/24 Ore del 9 novembre). Di appoggio sono stati ieri i socialisti, i liberali e l’estrema sinistra; invece critiche più o meno evidenti sono giunte da destra.

L’eurodeputato popolare tedesco Markus Ferber ha avvertito che «molti cittadini stanno perdendo fiducia nella Bce». Gerolf Annemans, un europarlamentare indipendentista-fiammingo belga, ha espresso la preoccupazione che l’inflazione diventi «strutturale» e possa «scappare di mano». Mentre Michiel Hoogeveen, un esponente conservatore olandese, ha chiesto senza giri di parole alla sua interlocutrice «se la Bce abbia in mente un piano d’emergenza nel caso l’inflazione dovesse mettere radici».

Collegata in videoconferenza da Francoforte, la signora Lagarde si è difesa, ricordando gli argomenti dell’istituto monetario. Ha voluto rassicurare i deputati che l’obiettivo della Bce rimane la stabilità dei prezzi; ha fatto notare che pochi paesi membri hanno ancora un sistema di indicizzazione dei salari; e ha osservato che il tasso d’inflazione al netto dei prodotti alimentari ed energetici è sempre basso nella zona euro, intorno al 2,1% annuo, rispetto al 4,6% annuo negli Stati Uniti.

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Fonte: Il Sole 24 Ore del 16/11/2021