Le decisioni di Bank of Canada e Bank of England segnano uno spartiacque.
di Morya Longo
Un indizio (in Canada) non fa certo una prova. Un’altro mezzo indizio (arrivato giovedì dalla Gran Bretagna) neppure. Messi insieme, però, qualcosa possono voler dire: sembra che le banche centrali, a partire da quelle dei Paesi dove la campagna vaccinale va più veloce, stiano piano piano preparando la via d’uscita dagli ultra-stimoli monetari varati durante la pandemia per sostenere le economie. Quello che nel gergo dei mercati si chiama «tapering» sta timidamente iniziando. «I giorni dei grandi acquisti di titoli da parte delle banche centrali stanno finendo», sentenziano gli economisti di Commerzbank. Bank of America lo dice coi numeri: l’istituto americano stima infatti che gli acquisti di bond (e dunque le contestuali iniezioni di liquidità sul mercato) da parte di Federal Reserve, Bce, Bank of England e Bank of Japan complessivamente si ridurranno dai 9mila miliardi di dollari del 2020 a 3.400 miliardi nel 2021 ad appena 400 miliardi nel 2022. Il conto alla rovescia, insomma, è iniziato. Il punto è capire come sarà gestita la exit strategy e che impatto avrà sui mercati e su un mondo iper-indebitato.
La terra di mezzo della BoE
Per ora l’unico annuncio vero e proprio è arrivato, nelle scorse settimane, dalla Bank of Canada: l’istituto ha ridotto del 25% gli acquisti settimanali di titoli. Dunque ha diminuito le iniezioni di liquidità. Giovedì la Bank of England ha invece fatto qualcosa di più “sottile”. O, per meglio dire, di ambiguo: ha annunciato che ridurrà gli acquisti settimanali di bond dagli attuali 4,4 miliardi di sterline a 3,4 miliardi, lasciando però invariato l’ammontare complessivo del piano di acquisti. Per questo il Governatore Andrew Bailey non ha parlato di «tapering». Ma per il mercato ne è l’anticamera.
Il ruolo di Fed e Bce
Diverso è invece (per ora) l’approccio di Fed e Bce. La banca centrale Usa potrebbe essere la prima delle due ad annunciare un «tapering», ma per ora il presidente Jerome Powell continua ad assicurare che i tassi resteranno a 0% a lungo e che gli acquisti di bond continueranno al ritmo attuale finché non ci saranno «progressi sostanziali» verso la piena occupazione e verso un’inflazione stabilmente al 2%. Ma con l’economia che è attesa in crescita del 6% quest’anno e con un tasso di inflazione che di certo supererà – almeno temporaneamente – il target del 2%, il mercato sconta un primo rialzo dei tassi nel 2023. E non pochi analisti sono convinti che il «tapering» possa partire già quest’anno.
La Bce ha più tempo, se non altro perché l’Europa è ancora nel pieno della pandemia e la campagna vaccinale è ben più lenta. Ma prima o poi (dato che il programma pandemico di acquisti di bond è a scadenza) il tema si proporrà anche da questa parte dell’Atlantico.
La chiave del «tapering»
C’è un indicatore che mostra quanto ogni singola banca centrale abbia più o meno urgenza di ridurre gli acquisti di titoli. Lo segnala DWS: quale percentuale ogni banca centrale detiene del debito pubblico nazionale. In un discorso di fine marzo il Vicegovernatore della Bank of Canada , Toni Gravelle, ha sottolineato che i titoli di Stato detenuti dalla banca centrale «rappresentano circa il 40% dell’ammontare dei titoli di Stato canadesi in circolazione». Questo è stato uno dei motivi per cui la Bank of Canada ha deciso di ridurre gli acquisti: nel suo bilancio ci sono troppi titoli di Stato. In una situazione simile – secondo i dati di DWS – si trovano anche la Bank of Japan (45%), la svedese Riksbank (44%), la Banca centrale della Nuova Zelanda (circa il 40%) e – appunto – la Bank of England (40%). Ben sotto sono la Fed (23%) e la Bce (21% circa).
«Nella matrice dei parametri decisionali, occorre considerare molto attentamente le quote di titoli sovrani detenute dalle banche centrali perché potrebbero influenzare la velocità del “tapering” – osservano gli analisti di DWS -. A nostro giudizio una quota maggiore di possesso di questi titoli rende più probabile che la banca centrale intenda avviare il “tapering” anche se non strettamente necessario secondo i dati sull’inflazione. La Banca Centrale canadese ha comunicato di aver considerato questo aspetto, che potrebbe quindi giocare un ruolo anche per la Banca Centrale neozelandese e quella inglese». Girando la frittata, questo significa che Fed e Bce hanno più margini di manovra. Quanti? Questa è la domanda che terrà il mercato col fiato sospeso a lungo.
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Fonte: Il Sole 24 Ore del 08/05/2021