L’ex-numero uno della Bundesbank Jens Weidmann, alla cerimonia di investitura del nuovo presidente della Banca centrale tedesca, si è concesso una battuta: ha detto di non aver seguito il consiglio dell’economista Robert Barro, secondo il quale il banchiere centrale deve sempre apparire cupo in volto, non deve mai raccontare barzellette e deve lamentarsi continuamente dei pericoli dell’inflazione. Weidmann ha poi detto, rivolgendosi al suo successore Joachim Nagel, che neanche lui avrà bisogno di questo consiglio. La continuità tra Weidmann e Nagel è dunque garantita, ma non sarà solo di facciata. Il nuovo presidente della Buba, con un amabile sorriso sulla bocca come il suo predecessore, entrerà nel Consiglio direttivo della Bce sventolando alta la bandiera della stabilità dei prezzi. Stando al suo primo discorso da presidente della Bundesbank – anche se fonti della Banca invitano alla cautela nel dare troppo peso alle sue prime parole e di lasciargli il tempo di affinare le sue posizioni – è prevedibile rilancerà l’allerta su un’inflazione troppo alta troppo a lungo, ribadirà la necessità di confinare il programma Pepp alla sola pandemia, metterà in guardia la Bce contro un’estensione eccessiva della politica monetaria accomodante. Nagel sarà un falco, non cupo e pronto alla battuta, ma sempre falco sarà.
La presidente della Bce Christine Lagarde ha fatto e sta facendo tanto per guidare il Consiglio direttivo con fare conciliante, dando spazio e ascolto a tutte le voci e puntando sulla disparità di opinioni come punto di forza e non di debolezza: un falco meno rigido di Weidmann in Consiglio le faciliterebbe comunque un cammino che si preannuncia non facile nei prossimi mesi.
Weidmann ha sottolineato, prima di uscire definitivamente dalla Bundesbank, «la grande incertezza» relativa al rapido calo dell’inflazione sotto l’obiettivo del 2% e ha evidenziato il rischio che l’inflazione si radichi su livelli alti, il rischio della dominanza fiscale, degli impatti negativi delle misure non convenzionali (il QE, ndr) che intrecciano fortemente politica monetaria e politica fiscale, minando l’indipendenza della banca centrale. Il capo economista della Bce Philip Lane, e come lui le colombe nel Consiglio direttivo e nel Comitato esecutivo, resta convinto che l’inflazione nel medio termine, sulla quale si basa la politica monetaria, scenderà all’1,8% nel 2023 e 2024 e che quindi l’accomodamento resta necessario: come ha ribadito Lane in un’intervista recente al Sole24 Ore, basandosi sui dati disponibili, per ora le contrattazioni salariali non esercitano pressione sull’inflazione di fondo, che è nei controlli incrociati della forward guidance e nei criteri che determineranno il prossimo rialzo dei tassi. La pandemia e le strozzature nelle catene di approvvigionamento restano fattori transitori, anche se dureranno più del previsto.
Il 7% toccato ieri negli Usa, come il 5% a dicembre nell’area dell’euro, costringono tuttavia i mercati a focalizzarsi sulla stretta in arrivo dai banchieri centrali. Il flusso della liquidità dalla Federal Reserve prima e dalla Bce dopo si va riducendo per poi esaurirsi. I tassi nell’area dell’euro torneranno a salire, anche se in maniera moderata rispetto ai rialzi del passato. Per Lagarde e il Consiglio direttivo, conteso come sempre tra falchi e colombe, la tempistica e la portata della stretta saranno decisive. Come hanno ammonito ieri Christian Schulz e Giada Giani, economisti di Citi, non si può escludere a priori un errore di politica monetaria, una stretta prematura o eccessiva. La fine del QE della Bce aumenterà il ruolo della politica fiscale che potrebbe essere chiamata a intervenire, per esempio per controbilanciare possibili ritardi nelle erogazioni del Recovery Fund. Gli spazi fiscali dei singoli Stati nell’area dell’euro sono e continueranno ad essere disomogenei, e la riforma del Patto di stabilità e crescita potrebbe non bastare. Il rischio di frammentazione, contro il quale la Bce è sempre pronta a intervenire in maniera adeguata come ha assicurato Lane nell’intervista, resta aperto, capace di tarpare le ali tanto ai falchi quanto alle colombe.
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Fonte: Il Sole 24 Ore del 13/01/2022