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Mosler: la mia Teoria Monetaria Moderna ha vinto grazie al Covid

By 20/09/2021No Comments

di Marcello Bussi

Poco prima di lasciare la guida della Bce, Mario Draghi nel settembre 2019 aveva stupito il mondo dichiarando al parlamento europeo che la Mmt (Teoria monetaria moderna) è un nuovo approccio da «tenere in considerazione». La Mmt sostiene che uno Stato sovrano può finanziare tutte le spese che vuole attraverso l’emissione di moneta da parte della sua banca centrale, che deve tenere i tassi d’interesse sempre a zero. E dovrebbe aumentare le tasse solo se l’inflazione salisse in misura tale da rischiare di andare fuori controllo. Con buona pace del Patto di Stabilità e dei suoi sostenitori. Si è visto che, a causa della pandemia, volenti o nolenti, le banche centrali e i governi di tutto il mondo hanno adottato questo approccio, senza però ammettere di stare applicando la Mmt, il cui massimo esponente, l’americano Warren Mosler, 72 anni, è in questi giorni in Italia.

Mosler non viene dall’accademia ma dal mondo del lavoro: è stato gestore di hedge fund e questo gli ha consentito di elaborare senza condizionamenti le sue teorie, che sono subito state osteggiate dagli economisti ufficiali. Mosler è certo soddisfatto di vedere applicate con successo la Mmt, ma crede che sia ancora presto per cantare vittoria. Perché una volta finita la pandemia, c’è il rischio che prevalgano i falchi come il governatore della Bundesbank, Jens Weidmann, e i sostenitori, non solo tedeschi, del ritorno al Patto di Stabilità e alle politiche del rigore. «Penso che ormai la maggior parte degli economisti e degli uomini di finanza capisca il valore della Mmt e come funzionano davvero le politiche monetarie e le banche centrali». dice Mosler. «In termini di consapevolezza il più è stato fatto e credo che ci sarà un cambiamento positivo». Si è visto, infatti, che con la pandemia «l’Ue ha fatto quasi tutto quello che dicevo: in sostanza la Bce ha garantito tutto il debito pubblico dei Paesi della zona euro e ha consentito al rapporto deficit/pil di salire alle stelle (l’ultima stima del Fondo Monetario Internazionale prevede che quest’anno quello dell’Italia salga all’11,1%, ndr.). Si è visto che non è successo niente di drammatico».

Però l’inflazione sta salendo. La risposta di Mosler è netta: «La pressione inflattiva arriva dal lato dell’offerta, non della domanda: a causa della pandemia i costi di spedizione sono esplosi e questo non può essere modificato aumentando i tassi d’interesse o la tassazione. Arabia Saudita e Russia cooperano per andare verso un rialzo dei prezzi del petrolio. E questa è una decisione politica. In Europa, invece, i prezzi dell’energia salgono, ma si tratta di una tassa indiretta legata al valore delle aste della CO2. Sono tutti fattori su cui le banche centrali non possono agire». Che fare, dunque? «Bisogna mantenere il focus sull’occupazione, avere sempre più persone che lavorano». Niente aumenti dei tassi d’interesse? «Assolutamente no, Le banche centrali devono mantenere i tassi a zero così i governi riducono la spesa per gli interessi. E se i tassi restano a zero non devono fare manovre fiscali, che avrebbero effetti negativi sulla domanda. Un rialzo dei tassi in realtà aumenterebbe l’inflazione perché si alzerebbe il deficit e i governi per ridurlo dovrebbero incrementare le tasse, mossa che alla fine si traduce in un aumento dei prezzi».

Eppure la Germania sembra voler tornare alle vecchie regole. «Per motivi elettorali. La classe politica ha sempre puntato sulla narrazione del rigido rispetto delle regole fiscali scagliandosi contro i governi inadempienti. E adesso deve continuare con questa storia per non scontentare o disorientare gli elettori». Ed è proprio questo il tassello mancante prima dell’accettazione completa della Mmt: «Bisogna capire», è la conclusione di Mosler, «che aumentare i tassi ha effetti inflattivi e non deflattivi».

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Fonte: Milano Finanza del 18/09/2021