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Un popolo di realisti

By 10/01/2022No Comments

di Stefania Peveraro 

È stato un anno ìrecord il 2021 per il mercato del private capital italiano. Boom di attività di investimento in capitale e debito di pmi, startup e scaleup italiane o fondate da italiani. Effetto non solo dal grande interesse dei classici fondi italiani e internazionali, ma anche dall’interesse degli investitori privati, attraverso strutture di family o multi-family office o le private bank, ma anche aderendo all’offerta sempre più comune di veicoli alla portata di tutti. Basti pensare che tra fondi in raccolta e fondi che l’hanno chiusa da poco, a disposizione degli investitori cosiddetti retail italiani ci sono veicoli che puntano a una potenza di fuoco di 3,75 miliardi di euro (calcolo di BeBeez), sulla base degli annunci condotti negli ultimi due anni relativi ai soli veicoli che prevedono ticket minimi di investimento massimi non superiori ai 100 mila euro, come già anticipato da MF-Milano Finanza l’11 dicembre.

Quello che accomuna gli investitori di tutte le taglie oggi è la ricerca di un rendimento più ricco di quello offerto dai tradizionali mercati finanziari quotati, dove i tassi di interesse restano tuttora molto bassi e gli aumenti attesi anche in vista di un ritorno dell’inflazione certo non sono all’altezza dei rendimenti pagati da private equity, venture capital e anche private debt. Stiamo parlando di rendimenti che nel 2020 hanno raggiunto il 32,1% dal 21,3% del 2019, il dato più alto degli ultimi 15 anni, secondo i calcoli di Kpmg-Aifi. Il dato è relativo all’Irr lordo delle operazioni disinvestite nel 2020, che misura la performance annuale nel periodo in cui i fondi hanno mantenuto i loro investimenti in portafoglio, indipendentemente da quando è stato effettuato l’investimento iniziale. Ragionevole immaginare che anche per il 2022 l’interesse degli investitori resterà comunque alto per i private market.

Sul fronte del private equity i dati preliminari indicano un totale di 480 operazioni che hanno riguardato aziende italiane e investitori di private equity, contro i 360 deal di tutto il 2020. In particolare, hanno registrato un picco le cosiddette operazioni di add-on, cioè acquisizioni parte di aziende già in portafoglio agli investitori di private equity (139 deal su aziende target italiane e altri 50 deal su aziende estere, contro rispettivamente 125 e 13 in tutto il 2020), ma soprattutto si è assistito a un significativo ritorno dell’attività di investimento diretta dei fondi e delle holding di investimento (197 operazioni contro le sole 133 di tutto il 2020 e le 149 del 2019). In linea con il 2020, invece, gli investimenti di private equity di altro tipo, come i club deal, gli investimenti impianti di produzione di energia rinnovabile e i disinvestimenti verso soggetti industriali o ipo. Quanto al valore delle operazioni, quest’anno si sono chiusi parecchi mega-deal e molti deal comunque importanti per gli standard del mercato italiano. In particolare BeBeez ha contato ben 18 operazioni su aziende con enterprise value di almeno un miliardo di euro e altre 17 su aziende con ev compreso tra 500 milioni e 1 miliardo. Altro tema importante è stato quello delle opa destinate al delisting condotte da fondi: 11, di cui 10 su aziende con enterprise value di almeno 500 milioni.

Quanto al venture capital, qui i dati sono ancora più eclatanti, con oltre 2,9 miliardi di euro raccolti spalmati su 464 round alla data di metà dicembre (calcoli di BeBeez Private Data, vedere Milano Finanza del 24 dicembre). La raccolta ha registrato un’accelerazione della raccolta nella seconda parte dell’anno, visto che nei primi sei mesi ci si era fermati a poco oltre 1,2 miliardi e 278 round. Numeri che sono davvero un record, se paragonati ai 780,9 milioni di euro raccolti in tutto il 2020 su 309 round, ma soprattutto se confrontati a quelli di cinque anni fa: nel 2016 la raccolta si era fermata a 165 milioni e 80 round. Da segnalare, comunque, che i capitali degli investitori sono molto concentrati: del totale di 2,9 miliardi raccolti, oltre 2,2 miliardi di euro sono stati raccolti soltanto da 25 aziende. Tra le principali 25 raccolte dell’anno sono incluse quelle condotte in aumento di capitale attraverso quotazione in borsa da quattro scaleup: Genenta Science, che si è quotata al Nasdaq; Renovacor, che è sbarcata al Nyse, ma a seguito della business combination con una Spac; la stessa strada della Spac è stata scelta da Helbiz, ma con quotazione al Nasdaq; e infine Datrix, è approdata nei giorni scorsi a Euronext Growth Milan.

Sul fronte del debito, poi, anche qui i dati sono eclatanti con investimenti in bond, titoli di cartolarizzazioni, acquisti di crediti e direct lending per un totale che ha superato i 17,6 miliardi in 11 mesi, contro i 13,1 miliardi di operazioni mappate da BeBeez in tutto il 2020. Si tratta di una cifra alla quale i minibond, cioè i bond di dimensioni sino ai 50 milioni di euro, hanno contribuito per circa 860 milioni, spalmati su 125 emissioni, contro gli 886 milioni di tutto il 2020 per 170 emissioni. Al dato preliminare di quasi 866 milioni di minibond si aggiungono poi altri circa 80 milioni di euro di emissioni di titoli asset backed con sottostanti minibond nell’ambito di programmi di basket bond: molto meno dei 424 milioni di basket bond del 2020. A fare la parte del leone sono state quest’anno una ventina di emissioni di dimensioni superiori ai 50 milioni, a supporto di operazioni di leverage buyout per un totale di oltre 7,7 miliardi di euro contro i poco più di 4,5 miliardi di tutto il 2020. Grande exploit anche per le cartolarizzazioni di prestiti alle pmi, sia accordi con piattaforme fintech di lending alle imprese sia tradizionali operazioni di cessione di portafogli da parte di banche commerciali, che hanno raggiunto un totale di circa 5,5 miliardi dai 4,7 miliardi del 2020.

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Fonte: Milano Finanza del 08/01/2022