Le valutazioni sono ai minimi da anni, però meglio andare sul sicuro e sul breve
di Marzia Redaelli
Le obbligazioni non sono così convenienti da anni, in termini relativi, a guardare il rapporto tra l’indice JP Morgan globale e l’Msci azionario mondo, che è ai minimi storici.
Con il rialzo dei tassi, infatti, gli investitori hanno venduto i bond (i titoli di debito) già sul mercato, emessi nel periodo dei tassi a zero, perché meno appetibili.
Colpi di coda
La stretta monetaria è nella fase finale, ma il costo del denaro potrebbe restare elevato per un po’ di tempo, come ha fatto intuire mercoledì scorso il Presidente della Federal Reserve, Jerome Powell. Nell’ultima riunione del comitato monetario la Fed si è presa una pausa dopo undici rialzi in dodici mesi, ma non ha illuso chi si attende una politica monetaria più accomodante.
«Anche se al momento molti segnali indicano che le banche centrali stanno lentamente riportando l’inflazione sotto controllo – scrive Sven Langenhan, Portfolio Director di Flossbach von Storch Bond Opportunities – e si stanno avvicinando alla fine (almeno temporanea) del ciclo di rialzi dei tassi d’interesse, l’inflazione potrebbe comunque giocare ancora una volta un brutto scherzo. In caso di necessità, dunque, le banche centrali potrebbero vedersi costrette ad aumentare ulteriormente i tassi di riferimento, facendo salire ancora i livelli di rendimento».
Dunque, le obbligazioni potrebbero non offrire un recupero in conto capitale così presto, sebbene per un cassettista diano una remunerazione già interessante.
Pesi
«Gli investitori – spiega Giuseppe Patara, Senior Portfolio Manager di Pictet Wealth Management – possono tornare a considerare l’allocazione obbligazionaria come una parte rilevante dei loro investimenti. Viceversa, l’extra rendimento offerto dalle azioni e richiesto dagli investitori per supportare la maggiore rischiosità e volatilità rispetto alle obbligazioni, è ai minimi storici. Alle valutazioni attuali, considerando i prezzi delle azioni e gli utili attesi dalle aziende per i prossimi anni, non c’è un premio per il maggiore rischio rispetto all’investimento in obbligazioni societarie. Questo è vero in particolare sul mercato statunitense, dove le valutazioni di alcuni settori della tecnologia e dei consumi discrezionali sono su livelli storicamente molto alti e dovranno essere confermate da un sostanziale crescita degli utili. All’interno dei mercati azionari ci sono sicuramente aree con valutazioni più basse rispetto agli Stati Uniti e che presentano un’attrattività maggiore nel medio periodo, ad esempio in Europa».
I rischi
Il contesto di mercato delle obbligazioni è però tuttora negativo.
Chi si espone adesso al mercato obbligazionario, corre il rischio di subire ancora forti oscillazioni di prezzo. Un problema in caso sia necessario vendere i titoli prima della scadenza, quando vengono rimborsati al loro valore nominale.
«Se si osservano i dati economici attuali – precisa Langenhan – si notano sempre più segnali di rallentamento, ma l’economia nel complesso appare ancora relativamente solida e, in una situazione come questa, potremmo davvero assistere al tanto acclamato soft landing (un atterraggio morbido dell’economia, ndr). Stando ai livelli attualmente bassi dei premi al rischio sulle obbligazioni societarie, pare che questo scenario riscontri parecchi consensi fra gli operatori di mercato. Noi riteniamo eccessivamente ottimistica la fiducia riposta nelle banche centrali e nel fatto che, nel dubbio, elimineranno ogni rischio dal mercato come in passato. Chi cerca soluzioni facili e punta troppo sulle obbligazioni societarie, che a nostro avviso offrono attualmente un rapporto di rischio-rendimento a dir tanto moderato, potrebbe scontrarsi con una dura realtà».
Strategie
Un approccio prudente all’investimento obbligazionario, quindi, dovrebbe minimizzare la vulnerabilità al rialzo dei tassi da un lato e alle conseguenze di una contrazione economica dall’altro.
Per entrambi i rischi, i titoli più affidabili in termini di merito di credito sono preferibili. I governativi sono senz’altro la scelta in teoria più efficiente per evitare una liquidità penalizzante o ripercussioni dovute al peggioramento dei bilanci dell’emittente. Per le obbligazioni societarie, dunque, è fondamentale selezionare emittenti solidi e non farsi ingolosire da rendimenti elevati, che però sono il rovescio della medaglia di una maggiore insicurezza. I gestori, infatti, mettono l’accento sulla diversificazione e sul rischio di credito, visto che l’aumento dei tassi permette di ottenere una remunerazione positiva anche senza doversi avventurare in zone estreme del mercato.
Infine, c’è la questione duration, cioè della durata finanziaria dei titoli: il tempo necessario a rientrare in possesso del capitale investito tenuto conto di cedole e rimborsi. Più la duration è lunga e più il prezzo del titolo è soggetto a oscillazioni in caso di movimento sui tassi di interesse o di rischi economici.
Anche rispetto alla duration il suggerimento degli esperti è di non allungare troppo la scadenza del portafoglio, perché il rendimento extra non ripaga del rischio. A maggior ragione se si tratta di bond privati. Sul mercato americano, le scadenze brevi pagano addirittura di più di quelle a lungo termine e, infatti, si dice che la curva dei rendimenti è invertita.
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Articolo tratto da “Il Sole 24 Ore” del 23/09/2023