L’aumento dei tassi di luglio potrebbe essere l’ultimo. Bene le borse, dollaro giù. Lane (Bce) teme il calo del credito
Jerome Powell
L’inflazione Usa è scesa al 3% su base annua, oltre le attese degli economisti che si aspettavano un dato al 3,1%, dal 4% di maggio. Il livello dell’indice Cpi (Consumer price index) ha così raggiunto il punto più basso da marzo 2021, in forte discesa dal picco del 9,1% toccato a giugno 2022. Proprio il confronto con il dato alto di un anno fa ha inciso sul valore pubblicato ieri. Ora però la Fed potrebbe essere vicina alla fine dei rialzi dei tassi: l’ultimo sarà a fine mese, secondo molti analisti. I mercati, che ora stimano solo al 25% la probabilità di un ulteriore rialzo entro novembre, hanno reagito ieri alle prospettive più rosee sull’inflazione. Il rendimento dei titoli di Stato Usa a dieci anni è sceso di 11 punti base al 3,86%. Il dollaro si è indebolito su tutte le valute: l’euro è così salito a 1,112 dollari, da 1,10 del giorno prima. I listini europei hanno chiuso la seduta in rialzo (Milano +1,75%, Francoforte +1,47%, Parigi +1,57%), quelli di Wall Street salivano di circa l’1% a pochi minuti dalla chiusura. L’inflazione core, al netto di energia e cibo, è scesa negli Usa al 4,8% (minimo da 20 mesi), anche in questo caso più delle previsioni degli analisti che si fermavano al 5%, dal 5,3% del mese precedente. Su base mensile, l’inflazione è aumentata dello 0,2% sia a livello complessivo che di fondo.
La Fed ha alzato a maggio i tassi fino alla forchetta 5-5,25% ma li ha poi lasciati invariati a giugno. Secondo le attese di mercato, la banca centrale americana li aumenterà ancora il 26 luglio a causa della resistenza dell’economia e dell’inflazione core. I membri della Fed avevano indicato a giugno un’attesa mediana di altri due rialzi di 25 punti base nel 2023, fino al livello 5-5,75%. Molti economisti ritengono però che la Fed potrebbe fermarsi dopo la stretta di fine mese.
Le previsioni degli analisti.
«La tendenza al ribasso dell’inflazione core è destinata ad accelerare nella seconda metà dell’anno», ha osservato Capital Economics. I dati sull’inflazione «non dovrebbero mettere in discussione il rialzo di 25 punti base a luglio, mentre restano perplessità sulla necessità di un ulteriore rialzo a settembre» secondo Antonio Cesarano di Intermonte.
«A giugno il processo disinflazionistico ha registrato progressi sostanziali», ha osservato Edoardo Campanella di Unicredit. «È improbabile che l’attenuazione delle pressioni inflazionistiche a giugno impedisca alla Fed di aumentare i tassi a luglio. La mossa è stata ampiamente indicata nelle ultime settimane. Anche se le prossime letture sull’inflazione potrebbero essere volatili in entrambe le direzioni, il dato di giugno rafforza l’opinione secondo
cui è improbabile che la Fed aumenti i tassi dopo l’estate, mentre dovrebbe iniziare a tagliarli all’inizio del 2024».
«Il probabile rialzo dei tassi del 26 luglio potrebbe essere l’ultimo dell’attuale ciclo» secondo Filippo Diodovich di Ig Italia. La stessa visione è stata espressa da Pimco e da Ing, secondo cui «la necessità di un ulteriore inasprimento dopo luglio è discutibile». Anche per Ebury il rialzo di fine mese «sarà l’ultimo, mentre i tagli dovrebbero iniziare nel primo semestre 2024. Questo dovrebbe aprire la porta a un ulteriore ribasso del dollaro nei prossimi mesi».
Lane (Bce) teme il calo del credito.
Le buone notizie dagli Stati Uniti fanno pensare che anche nell’Eurozona possa proseguire il calo dell’inflazione, già scesa al 5,5% dal 10,6% di ottobre. I falchi temono soprattutto i salari, nonostante in termini reali siano ancora inferiori ai livelli pre-Covid. Invece Philip Lane, capoeconomista Bce, ieri ha ricordato che l’impatto della politica monetaria attraverso il credito delle banche «probabilmente si rafforzerà ulteriormente nei prossimi mesi» e che l’effetto ritardato della stretta si farà sentire in pieno sull’economia «nei prossimi due anni». Aumenterà il costo della raccolta per gli istituti, anche a causa della fine delle Tltro, e saliranno ancora i tassi finali ai clienti. Per il credito, ha osservato Lane, ci sono rischi ulteriori legati al deterioramento economico (che incide su domanda di prestiti e crediti deteriorati) e a un eventuale ritorno dello stress bancario sui mercati. In vista delle prossime mosse la Bce osserverà con attenzione il prossimo sondaggio sul credito bancario. La caduta del credito, visibile anche in Italia, potrebbe obbligare anche Francoforte a fermarsi dopo il rialzo dei tassi di 25 punti base
in arrivo a fine mese.
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Articolo tratto da “Milano Finanza” del 13/07/2023